la chiesa finita "La Chiesa รจ finita", Bisogna pulire il piazzale......

Prova non ha una storia antica e documentata.
Infatti, mentre si hanno notizie certe per quanto riguarda San Bonifacio capoluogo, Villanova, Villabella, Lobia e Locara, di una località chiamata Proba si parla per la prima volta in un disegno del territorio di San Bonifacio della seconda metà del 1400 conservato nell’Archivio di Stato di Verona.
In tale disegno, mentre appaiono ben evidenti alcuni insediamenti abitativi nel capoluogo e fuori, Proba è indicata da una torre e due case poste tra San Bonifacio e la località Perarolo di Locara.
E' da notare ancora come tutto il territorio, dove poi si svilupperà Prova fosse completamente privo di strade e di abitazioni e ciò è abbastanza comprensibile se si pensa che tale territorio era per la maggior parte incolto e coperto di boschi e paludi.
Solo molto più tardi il territorio di Prova fu bonificato e reso fertile. la chiesa finita Le ultime bonifiche furono completate dai Marchesi Carlotti verso la fine del 700 in località Mantovane.
Nel 1695 il Marchese Giulio Carlotti fece costruire la Chiesetta dedicata a San Biagio per dare corso a un voto fatto qualche tempo prima durante una terribile pestilenza, purtroppo assai frequente in quel secolo....



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A tal proposito basti ricordare la gravissima carestia e la conseguente pestilenza del 1630 ricordata dal Manzoni nei Promessi Sposi e che solo nel territorio di San Bonifacio provocò oltre 500 morti, distruggendo intere famiglie e dimezzando quasi la popolazione. Nel 1705 viene costruita Villa Carlotti, vero gioiello architettonico di scuola palladiana.
Attorno alla Chiesetta e alla Villa comincia a ruotare la vita delle poche famiglie di Prova che erano allora circa una ventina ma assai numerose.
A dire il vero però non è che in quel tempo la pratica religiosa nella chiesetta di San Biagio fosse continua. Infatti solo poche volte all’anno veniva celebrata la S. Messa; Chiesetta di San Biagio per tutte le altre pratiche religiose la gente di Prova si portava a San Bonifacio. Solo più tardi verrà nominato un cappellano, Mansionario della Chiesetta. Una messa veniva celebrata tutte le domeniche ma, come prima, per ricevere i Sacramenti la gente di Prova era legata alla Parrocchia di San Bonifacio.
La maggior parte degli uomini erano pastori e braccianti, che o col- tivavano la poca terra che possedevano, o lavoravano come salariati nelle campagne dei marchesi Carlotti.
Ci sono però notizie di alcuni provesi ingaggiati come altri di San Bonifacio dalle Amministrazioni Austriache (solo nel 1866 con la Terza Guerra di Indipendenza il Veneto verrà annesso al Regno d’Italia) per la costruzione di strade e ponti e verso il 1840 per la costruzione della linea ferroviaria Milano-Venezia, il cui tronco Vicenza-Verona fu inaugurato nel 1849.
Nell 850 si ha notizia del primo forno pubblico per cuocere il pane situato nell’attuale Via Carducci, la casa ora non esiste più.
Nel 1870 funziona a Prova la prima Scuola Elementare che accoglie anche i bambini di Lobia.
la chiesa finita La scuola era costituita di una sola grande aula che riuniva più di 50 alunni. Il maestro era pagato dal Comune.
La scuola ampliata, è portata a 4 aule, nel 1900 è ancora in piedi ai confini tra Prova e Lobia. Ha funzionato fino all’inizio degli anni 70 accogliendo gli alunni di Lobia.
Dalle cronache di quegli anni brevemente possiamo ricavare alcuni fatti tra i più significativi della storia di Prova .

Da questo momento inizia la vera storia di Prova come «storia di una Comunità».
Lo ricordiamo, siamo nel 1936 e l’Italia è appena uscita dalla Guerra Coloniale; si inneggia all’impero fascista ma nelle nostre campagne e nelle nostre città si soffre la fame. Non ci sono posti di lavoro e la nostra gente è costretta da anni ad emigrare, chi definitivamente nelle Americhe, chi per lavori stagionali in Francia e Germania.
Anche la gente di Prova , uomini e spesso anche donne, non si sottrae a questa necessità. Bisogna pur tirare avanti, bisogna pur dare alla famiglia l’indispensabile per vivere. la chiesa finita Le campagne povere e aride, solo in minima parte, sono produttive.
Le case sono misere; si dorme in molti in una sola stanza, i «servizi igienici» sono all’aperto, manca l’acqua nelle case e per averla si va con i secchi al pozzo comune.
Non c’è ancora la corrente elettrica in tutte le case e nella maggior parte si usa la lampada a petrolio per illuminare la misera cucina dalle travi annerite dal fumo del camino, unico mezzo di riscaldamento, quando si riusciva ad avere un pò di legna.
Eppure... eppure alla sera, nelle stalle durante il «filò» si recita il rosario e i bambini ascoltano dai più anziani storie fantastiche prima di cadere addormentati tra la paglia.
A San Bonifacio Mons. Luigi Bertini guarda con simpatia e ammirazione alle centinaia di provesi che nonostante tutto, ogni domenica e nelle altre feste comandate percorrono quattro o cinque chilometri a piedi (erano pochissime le biciclette) per assistere alla S. Messa e al Vespero pomeridiano.
La gloriosa Bieta, il trenino che passando per Prova collega Cologna con San Bonifacio arrivando fino a Verona sta per andare in pensione.
Il maestro Biasi prima e Girardi dopo, con le maestre Regina, Franco e Piacentini, nelle vecchie scuole in fondo all’attuale Via Carducci hanno il loro ben da fare ad insegnare a leggere, scrivere e far di conto ai ragazzi di Prova e Lobia riuniti in classi di oltre quaranta alunni.
Solo fino alla terza elementare però, perchè per la quarta e la quinta chi voleva, doveva frequentare a San Bonifacio.
I giovani lavorano come salariati presso i grossi proprietari terrieri della zona; solo pochi hanno la fortuna di essere assunti per la campagna saccarifera presso lo zuccherificio Eridania. Le ragazze in età vanno a servizio a San Bonifacio o addirittura a Verona.
Molte trovano occupazione, precaria del resto, presso il bottonifacio Furlotti a San Bonifacio o vanno a fare le mondine nelle risaie del vercellese.
È il tempo in cui si scartocciano le pannocchie sotto il portico e si mettono da parte i cartocci più bianchi per sostituire nello «stramasso» quelli sui quali si è dormito per un anno.
È il tempo in cui si paga la tassa sul celibato e si premiano le famiglie più numerose, si paga il bollo per la bicicletta e il carretto, è il tempo in cui ci si ritiene fortunati se alla sera ci si può riunire attorno ad una grossa polenta fumante: per il companatico il più delle volte.., si andava nell’orto.

La Chiesetta di San Biagio LA CHIESETTA DI SAN BIAGIO.
C’era allora, come già si è detto ed esiste ancora oggi, una chiesetta a Corte Prova dedicata a San Biagio; una bella chiesetta a pianta ottagonale fatta costruire nel 1695 per grazia ricevuta dal Marchese Giulio Carlotti a quel tempo grande proprietario terriero.
Risulta infatti che possedesse più di 1200 campi veronesi sul territorio di Prova , Lobia e Locara.
Come era in uso nei secoli passati anche i Marchesi Carlotti chiesero ed ottennero dalla Curia di Vicenza che a custodia della Chiesetta di San Biagio venisse nominato un Mansionario; era questo l’antico titolo che veniva dato al Cappellano preposto che poteva contare a Prova sul beneficio di una Casa Canonica, su un’offerta di un centinaio dimesse all’anno e sulla questua, con l’obbligo però della residenza.
All’inizio del 1900 era Mansionario a Prova don Giovanni Zanon, prete dinamico, simpaticissimo, sempre pronto ad aiutare la gente di Prova anche dal punto di vista materiale oltre che spirituale.
C’è ancora qualche anziano che ricorda volentieri la figura di questo prete, in modo particolare per come si adoperò nel corso della prima Guerra mondiale quando Corte Prova diventò Ospedale Militare.
Morto lui era stato nominato Mansionario il nipote don Domenico Zanon.
Di salute malferma visse quasi sempre ritirato in Canonica, celebrando una messa appena alla Domenica in chiesetta.
Negli ultimi anni l’attività religiosa nella chiesetta era molto diminuita e Mons. Bertini, che aveva a cuore la situazione venutasi a creare a Prova aveva fatto presente al Vescovo Rodolfi la necessità di nominare un sostituto.
Interno della Chiesetta di San Biagio
Interno della Chiesetta di San Biagio
Nel 1935 don Domenico aveva chiesto al Vescovo di potersi ritirare nella sua casa a Montecchio Maggiore rendendo così vacante il titolo di Mansionario della Chiesetta di San Biagio.
Una Mansioneria non era però l’incarico più desiderato dai giovani preti che uscivano dal Seminario di Vicenza, anche se in quel tempo tali nomine erano abbastanza frequenti.
Il motivo era semplice da capirsi. Queste Mansionerie erano quasi sempre al centro di grossi latifondi, vicino alla villa di campagna di ricchi proprietari terrieri i quali, costruita una chiesetta dedicata a qualche santo, si assumevano poi l’onere di mantenere un cappellano che potesse provvedere alla vita spirituale delle famiglie che lavoravano le loro terre.
Più spesso però era per una questione di prestigio e la Diocesi provvedeva volentieri a tali nomine, su parere dei cosiddetti nobili perchè spesso ne aveva in cambio donazioni abbondanti.
A tal proposito sarebbe interessante conoscere come fu che Villa Carlotti e il resto, andarono come donazione agli Ospedali Riuniti di Verona, anzichè alla Diocesi di Vicenza.
A dire il vero però, nel corso degli anni, attorno a queste chiesette si svilupparono veri e propri villaggi. Molti paesi di campagna e molte parrocchie sono sorti così. Tra questi Prova .
Nel 1936 è ancora Mansioneria: arriva don Mario. In nemmeno otto anni, Prova diventerà Parrocchia.

Hei!!   hai documenti storici di "prova", il tuo paese, non esitare a contattarmi.